Per comprendere la finalità e il focus delle Storie di Apprendimento è fondamentale conoscere il modello di VALUTAZIONE ALTERNATIVA formulato da Margaret Carr.
La ricerca di Carr nasce attorno agli anni ’90, dopo una riflessione circa i procedimenti con cui, all'inizio della sua carriera, era solita valutare gli alunni. L’autrice in passato riteneva che valutare significasse controllare che i bambini avessero raggiunto i requisiti di accesso alla primaria, dunque abilità di pre-scrittura, autoregolazione, primi elementi aritmetici, rispetto delle regole di conversazione e così via. L’autrice racconta: “stavo molto attenta a eventuali lacune nel programma di preparazione all'inserimento scolastico, osservavo una lista di controllo (checklist) e utilizzavo alcune strategie di insegnamento dirette in questo senso. (…) Non trovavo questo processo molto interessante né utile, tuttavia lo considero certamente importante per il mio riconoscimento (…) di insegnante competente della prima infanzia.”[1] Il cambiamento nel suo modo di intendere valutazione e insegnamento avvenne osservando i bambini e lavorando con loro quotidianamente, iniziando così a porsi alcune domande sul loro apprendimento e sui loro interessi. Carr chiama le sue vecchie idee pedagogiche e valutative “il modello popolare”, che presentava delle teorie intuitive riguardo all'apprendimento, all'insegnamento e alla mente i bambini. La ricercatrice, nel suo percorso di maturazione professionale, individua alcuni presupposti circa la valutazione popolare, che sono in contrasto con quelli del modello da lei chiamato alternativo. FINALITÀ
OGGETTO DELLA VALUTAZIONE
FOCUS
VALIDITÀ
SVILUPPO DELL’APPRENDIMENTO
PROCEDURE
VALORE PER GLI OPERATORI
Carr, inoltre, sviluppa delle linee guida per valutare l’apprendimento, inteso come disposizione dei bambini: queste indicazioni si tradurranno nella procedura operativa delle Storie di Apprendimento (vedi QUI). La valutazione riconoscerà l’imprevedibilità dello sviluppo: questa visione non insiste su un modello di apprendimento che segue un ordine lineare e preciso, ma riconosce che l’apprendimento avanza per pause, retrocessioni, in molteplici direzioni, in una forma reticolare. La valutazione individuerà la prospettiva del discente: se vogliamo individuare la natura profonda e motivazionale dell’apprendimento, i bambini dovrebbero avere voce in capitolo nel corso della valutazione. Non sempre è facile determinare il punto di vista del bambino, ma risulta fondamentale provarci e prendere confidenza con questa modalità. Un approccio narrativo rispecchierà meglio l’apprendimento, rispetto a indicatori di prestazione: riprendendo la teoria del pensiero narrativo (Bruner, 1996), le forme narrative per documentare e valutare proteggeranno la disposizione all'apprendimento dal pericolo di subire un’eccessiva frammentazione. Si dimostreranno utili le interpretazioni condivise circa le osservazioni raccolte: gli esempi raccolti dalla ricercatrice neozelandese hanno mostrato come la valutazione nasca da “esempi rappresentativi piuttosto che da indici di prestazione.” Gli insegnanti, discutendo tra loro e con i bambini circa gli eventi osservati e documentati, possono formulare delle interpretazioni condivise rispetto all'importanza dei suddetti episodi, per esempio in termini di coinvolgimento o assunzione di responsabilità. Molti compiti forniranno di per sé le informazioni per la propria valutazione: attività, artefatti e la comunità sociale sono in grado di fornire all'alunno un indice di successo e, in questo caso, lui stesso potrà valutare come sta procedendo il lavoro. La valutazione, dunque, diventa un prodotto autentico del compito. La valutazione stessa contribuirà allo sviluppo delle disposizioni ad apprendere dei bambini: queste ultime derivano da esperienze di apprendimento frequenti, riconosciute e incoraggiate dall'insegnante, in cui i bambini si dimostrano pronti, interpretanti e capaci. La valutazione stessa, se segue un modello basato sulle risorse, potrà evidenziare agli occhi dei bambini come gli errori siano parte dell’apprendimento. La valutazione sosterrà e migliorerà l’ambiente della prima infanzia inteso come comunità di apprendimento: la Scuola dell’Infanzia non potrà che trarre beneficio da questo modello di valutazione, sviluppando la comunità di apprendimento. La valutazione sarà basata sulla partecipazione, e il bambino visto come un discente in azione grazie ai mezzi di mediazione disponibili nel contesto di apprendimento. I processi di valutazione saranno possibili per gli operatori in servizio: la pratica della valutazione interpretativa dovrebbe risultare fattibile, senza richiedere così tanto tempo da diventare impraticabile. La scelta più facile sarebbe quella di ridurre il tempo necessario per valutare, utilizzando checklist… “tuttavia, se valutare vuol dire sostenere i bambini nei loro apprendimenti, le altre linee guida hanno indicato che questa alternativa è un problema. Si deve trovare una forma di equilibrio dove il tempo e lo sforzo necessario per i processi più elaborati siano gestibili e praticabili e dove le valutazioni siano interessanti e piacevoli da fare.”[3] La valutazione sarà utile per gli educatori: Carr sostiene che il materiale prodotto non dovrebbe rimanere chiuso in armadi e registri, senza mai venire analizzato o utilizzato, dal momento che le la valutazione formativa ha la specificità di essere finalizzata al miglioramento del processo di insegnamento e apprendimento in corso. Scritto da: Miria Biasizzo Articoli correlati...
LETTURA CONSIGLIATA
[1][2][3] Carr, M. (2001), Le storie di apprendimento, Documentare e valutare nei servizi per l’infanzia, Edizioni Junior - Spaggiari, Parma.
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