In questo articolo parleremo del pensiero narrativo teorizzato da Bruner (1988), collegandolo al tema della scrittura educativa in campo documentativo: questo approfondimento risulta importante, dal momento che le Storie di Apprendimento si presentano come una modalità di documentazione basata proprio sulla narrazione.
L'etimologia del termine "narrare" ci riporta all'idea di "far conoscere raccontando". Storicamente, la narrazione è stata usata per interpretare la realtà, per interagire con il mondo e con le persone. Daniel Taylor (1999), sostiene che ognuno sia il prodotto delle storie che ha ascoltato e vissuto, infatti noi raccontiamo e ci raccontiamo quotidianamente: in questa relazione continua e innata avviene la negoziazione del proprio sé con quello altrui. Bruner (1988, 1992) individua due possibili procedimenti mediante i quali l’uomo può conoscere ed organizzare il mondo:
Secondo Bruner, le scuole dovrebbero “coltivare la propria capacità narrativa, svilupparla, smettere di darla per scontata”[1] dal momento che questa forma consente di spiegare e comprendere meglio gli eventi studiati, sottolineando i legami di senso, per poi favorire lo sviluppo delle funzioni linguistiche, cognitive ed emozionali. Documentare e valutare con uno stile narrativo è fondamentale dal momento che, come sostiene Maura Striano, è il solo modo per mettere in relazione le esperienze vissute ed innescare processi di elaborazione, interpretazione, comprensione e rievocazione di esperienze, grazie alla possibilità di descrivere e raccontare i fatti avvenuti, cercare di spiegarli e infine conferire loro significato. Gli insegnanti che documentano e i bambini che vengono resi partecipi dei materiali documentativi possono ripensare alle loro esperienze e azioni, “ricostruendone il senso ed evidenziandone le possibili prospettive di sviluppo, portando alla luce le intenzioni, le motivazioni, le opzioni etiche e valoriali ad esse implicate, inscrivendole all’interno di una rete di significati culturalmente condivisi.”[2] Un modello di documentazione che sappia narrare i progressi, le retrocessioni e gli apprendimenti dei bambini può risultare di fondamentale importanza, dal momento che, come abbiamo detto, il pensiero narrativo nasce “dall'interesse per la condizione umana e racconta di successi e fallimenti, perplessità e convinzioni (...) rappresenta quella capacità psicologica propriamente umana di organizzare l'esperienza e costruire significati.”[3] Nulla di più accurato si avvicina all'esperienza del bambino all'interno della scuola. Inoltre, usare un approccio narrativo, durante la stesura di un testo, può rendere la scrittura realmente coinvolgente, dal momento che il lettore è chiamato in causa nell'interezza delle sue attitudini e abilità cognitive, affettive e pratiche. In una prospettiva professionale, narrare stimola gli insegnanti a porsi delle buone domande, aperte, che li aiutino a problematizzare, riflettere, interpretare gli eventi: come sostiene Striano (2005), tutto ciò è possibile dal momento che rielaborare le esperienze mediante il pensiero narrativo produce una conoscenza limpida, comprensibile sul piano culturale, sociale e personale. L’uso della narrazione in ambito documentativo permette all’insegnante di riflettere e individuare ciò che crede sia avvenuto all'interno del bambino, come scrivono Castagnetti e Vecchi in Scarpa e Metro: “se quello che ci interessa è esplorare lo sviluppo dei significati che il bambino costruisce nei suoi incontri con la realtà, se vogliamo saperne di più intorno alle procedure di pensiero e di azione attivate dal bambino nei suoi percorsi di apprendimento, allora dobbiamo documentare non tanto quello che è avvenuto attorno al bambino, ma soprattutto quello che crediamo sia avvenuto dentro il bambino. Dobbiamo cercare, cioè di interpretare i possibili accadimenti e cogliere gli aspetti invisibili ma straordinariamente significativi dei processi di crescita infantile. (...) Meglio perciò affidarsi ad una documentazione non descrittiva o riassuntiva ma narrativa e argomentativa.”[4] Le Storie di Apprendimento riescono a rispondere perfettamente a questa necessità fondamentale della documentazione. Il linguaggio scritto, che permette di concretizzare l’esperienza della nostra mente, è un sistema di segni per cui, mediante regole specifiche che guidano le sue combinazioni, possiamo comunicare gli uni con gli altri. Il linguaggio è un sistema vivo, in mutamento e in continua evoluzione, dal momento che le regole che lo strutturano vengono reinventate e modificate nel tempo: questa specificità caratterizza le diverse tipologie testuali che andranno a formare le scritture narrative. Nel testo narrativo scritto troviamo due elementi caratteristici, quali la temporalità degli eventi, con qualche margine di flessibilità, e “la causalità della concatenazione dei fatti, secondo una logica causa-effetto. (...) Tuttavia non è sufficiente decodificare i segni e la struttura del testo (sequenziale e casuale) per giungere a una comprensione profonda in grado di promuovere processi interpretativi e riflessivi.”[5] La differenza tra comprensione e interpretazione del significato del testo qui risulta fondamentale, infatti, dagli studi di Halàsz (1996), emerge come il significato generale attributo al testo venga superato dal significato personale, che nasce dalle valutazioni ed esperienze soggettive: la narrazione non cerca un’interpretazione univoca, oggettiva o una conoscenza razionale, quanto più auspica all'interpretazione del testo soprattutto in ambito emozionale-riflessivo. In ambito documentativo la scrittura risulta un elemento imprescindibile per la trasmissione delle informazioni e per la formalizzazione del pensiero narrativo di cui abbiamo parlato: essa diventa il mezzo principale per esplicitare i processi, le azioni, le scelte e può tradursi in diverse forme, dalle più istituzionali come la compilazione dei registri e schede, alle più personali e riflessive, per noi più interessanti. Rinaldi (Project Zero, 2009) tratta il tema della leggibilità, sostenendo che la documentazione sia una forma narrativa in cui si intrecciano diversi linguaggi (iconico, grafico, scritto, visivo): è necessario dunque avere un codice comune per garantire l’efficacia comunicativa. Le scritture dovrebbero essere tridimensionali, cioè capaci di restituire sia l’oggettività dell’evento, sia il significato che l’autore vi attribuisce, rimanendo però leggibili anche a chi non è presente nel contesto da cui sono tratte. Ancora una volta l’autrice sottolinea come questo tipo di scrittura sia consapevole della sua parzialità, e ne faccia un tratto qualitativo. I processi di insegnamento e apprendimento si rendono visibili nella ricerca delle parole più adatte per poterli raccontare: “ricorrere alla scrittura narrativa serve a mantenere i vissuti disponibili allo sguardo interrogante del pensare”[6], aiuta l’insegnante a decodificare le sue teorie interne e dà forma all'esperienza vissuta, per progredire nel processo di strutturazione e costruzione della propria identità professionale. ALCUNE INDICAZIONI PRATICHE... Per costruire un testo che sappia documentare e raccontare i processi avvenuti non bisogna necessariamente essere giornalisti o scrittori: risulta fondamentale “associare il testo scritto, spesso breve, ad altre espressioni comunicative, tenendo fermo l'obiettivo della narrazione creativa”[7] e non troppo didascalica. Come sostiene Nicolli (2018), nei testi possiamo ritrovare l’io dell’insegnante che rappresenta lo stile di chi narra e documenta: questo elemento non sminuisce il valore dello scritto, ricordandoci che non esiste una documentazione realmente oggettiva e neutrale, o perlomeno non è quella a cui vogliamo aspirare in quanto insegnanti. “Documentare non significa tanto recepire la realtà, quanto costruire la realtà; così come educare significa condividere significati. A patto, però, di fare superare a quelle che sarebbero solo delle esperienze comuni la soglia della sola descrizione, per portare a consapevolezza pratiche educative da rendere oggetto di riflessione pedagogica.”[8] L’articolo The anatomy of a documentation pannel, nato dal progetto “Making learning visible” della Harvard Graduate School of Education del 2006, evidenzia alcuni elementi chiave da utilizzare nella costruzione dei testi, specialmente se finalizzati ad una documentazione a parete. TITOLO
DATI DI CONTESTO
TESTI
INTERPRETAZIONE DEI FATTI
Scritto da: Miria Biasizzo ARTICOLI CORRELATI: LETTURE CONSIGLIATE
[1] Bruner, J. (2000) La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, p. 55 [2] Striano, M. (2005) La narrazione come dispositivo conoscitivo ed ermeneutico, analisiqualitativa.com/magma/0303/article_01.htm [3][6][8] Nicolli S. (2018) “Documentare la scuola, pensieri guida” in Narrare la scuola, Insegnanti riflessivi e documentazione didattica. Movimento di Cooperazione Educativa, Asterios Editore, Trieste. [4] Castagnetti, M., Vecchi, V. (1997) Scarpa e Metro, Reggio Children, Reggio Emilia [5] De Rossi, M. Restiglian E. (2013) Narrazione e documentazione educativa, percorsi per la prima infanzia. Carocci, Roma. p.51 [7][9] Malavasi, L., Zoccatelli, B. (2012), Documentare le progettualità nei servizi e nelle scuole per l’infanzia, Edizioni Junior-Spiaggiari, Parma.
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